15 febbraio 2023

QUEL BACIO CHEMICAL SHOK

Lo spettacolo è sicuramente una macchinazione degli attori e dei registi per offrire agli spettatori, un qualcosa di eccezionale, una sequenza di sensazioni ed emozioni tali da produrre stupore, meraviglia, acclamazione. Quindi, perché indignarsi per un bacio? Certo, sin che fosse tra un uomo e una donna, niente di strano, ma non avrebbe lo stesso impatto, indignazione o meno, se invece lo è tra uomini. Prima di ogni considerazione, vorrei ricordare che nell'antica Grecia, culla di cultura, gli attori erano tutti uomini, e alcuni facevano la parte delle donne sul palco, come succedeva spesso in altre epoche, e come succede oggi con le Drag, e allora qual'é il problema se due uomini si baciano in TV, sul palcoscenico? Si parla tanto di lotta all'omofobia, dei diritti umani e dell'amore universale, ma poi arrivano i bigotti. Purtroppo in Italia esiste e resiste ancora questa mentalità. Chi è in qualche modo nel mondo dello spettacolo, sa bene che per ottenere una buona riuscita della performance, deve stupire anche a costo di indignare, perché si parli di quello spettacolo in bene o in male, ma che se ne parli. Oggigiorno anche gli spettatori ci si aspettano qualcosa che li scuota, che lì per lì gli provochi sensazionalismo, perché allora indignarsi per un bacio tra uomini programmato a tavolino? E perché scandalizzarsi per la distribuzione di una scenografia creato apposta per essere distrutta davanti alle telecamere? 

Credo che cose da indignarsi veramente ne passino tantissime, senza essere preparate a tavolino da registi e attori, in quel grande spettacolo che e' la vita comune. 

Gan 

10 gennaio 2023

Le caramelle.

Buongiorno e buon anno 2023.
Da un po' di tempo non entravo al caffè delle storie ( questo blog) , lo faccio oggi accingendomi a parlare brevemente di come questo nuovo governo stia tornando ad allinearsi ai precedenti dando segni di insicurezza e inventiva. Non mi sono mai interessato di politica ma con l'età mi son reso conto che non si può fare a meno di esserne parte, devo dire che non mi sono mai schierato da nessuna parte, anche perché nessuno potrebbe rappresentare la mia ideologia politica. In pratica potrei essere un anarchico liberale, democratico ma tendenzialmente di destra, un po' bizzarro ma purtroppo proveniente dagli anni 60, nella mia vita ho visto susseguirsi di governi accettabili, mai uno buono. Ma veniamo al dunque, ultimamente sto seguendo un argomento che questo governo sta trattando e cioè l'aumento dei salari per combattere il caro prezzi, il famoso taglio del cuneo fiscale, innanzitutto vorrei sapere perché non si aggiusta la contingenza, che sarebbe meglio di offrire le "caramelle" , come si può pensare di affrontare il caro vita con 40 euro in più al mese? Se consideriamo uno stipendio minimo di 1500 euro tra rincari di luce, gas, carburante e via dicendo, quelle 40 euro per un operaio non sono altro che elemosina, già il governo Renzi offrì 80 euro, e successivamente portati a 100 e poi tolti dal governo Draghi, perché ora, offrire solo 40 euro? Agendo sulla contingenza invece si potrebbero portare i salari minimi ad un livello accettabile, dando più potere d'acquisto, in questo modo le famiglie di operai avrebbero un aiuto concreto e sostenibile per affrontare il caro vita. Mi auguro che prima o poi qualcuno arrivi a pensare che non si può girare intorno alle promesse e regalare "caramelle" , mi aspetterei più decisione da parte dei sindacati di puntare su soluzioni definitive piuttosto che assecondare le scelte di un governo che barcolla sui tacchi a spillo. 
©Gan

20 settembre 2020

Recensione del Maestro Marco Lay

 Ringrazio l'amico e  Maestro Marco Lay  per questa recensione del 2015. 


La solitaria ricerca lirica che Giovanni Andrea Negrotti pronuncia e esprime (la filosofia "Io esisto" del poeta che è nel mondo ma non sostanzialmente del mondo, interprete e traduttore dall'invisibile) quello che  persegue o meglio, che attraversa è piuttosto l'intemporale avventura della poesia come conoscenza, ad un tempo vitale ed ontologica, sensibile e spirituale: quotidiana "magia pratica" se si vuole.

L'altrettanto vertiginoso ed umilmente esemplare approccio col colore, nella sua verticale testimonianza lirica,  le bianche sintesi visionarie,  l'eros ludico e il misticismo di GAN, nome d’arte di Giovanni,  traducono un corpus di liriche, ballate ed evocazioni del suolo natio.

La poesia, che è dunque madre e maestra profonda, è creativa secondo l'etimo, ascesi verbale e (perché) autoconoscitiva, tentata mimesi e metessi della creazione continua del mondo da parte del divino: e quindi è scienza intuitiva e sperimentale della soglia, della condizione liminare in cui si toccano e interagiscono le diverse sperimentazioni coloristiche e materiche,  è – vorrebbe essere, chiede di essere – bilancia, croce degli opposti o pietra di paragone fra anima e parola, io e mondo: paradigma almeno potenziale di verità secondo la formula di rapporto Goethiana, capace quindi di mediare fra immagine e forma, apparenza e sostanza, mente (civiltà) e natura (dette un tempo res cogitans e res extensa, ovvero esperienza ed innocenza, consapevolezza e meraviglia). Il mare della vita e il cielo della scrittura si toccano sulla linea d'orizzonte della poesia che – assume un sapore di più vasta e schietta vivacità vitale, che esplora e concerta i risvolti "teatrali" e ludico-drammatici di varie "voci" e tipologie proiettive, oppure fissa i momenti riflessivi del proprio esserci nei pensieri della sezione finale, Senza verso, sigillandovi una tappa importante, se non definitiva, del proprio divenire per essere attraverso la vita, e della propria vita attraverso la poesia.

Marco Lay

(Docente e Artista)

PILLOLE DI CULTURA. Breve storia della lingua italiana.

 

Breve storia della lingua italiana

Il latino; la lingua romana diventava patrimonio di tutti i popoli soggetti insieme alle leggi, alle consuetudini, agli ordinamenti civili e militari. Ancora oggi molti vocaboli derivati dal latino sopravvivono nelle parlate di popolazioni che conobbero la “civiltà romana”.  Alla caduta dell’impero romano ( 476 d.c.) si costituirono diverse contrade; una sorta di piccoli stati separati da barriere naturali e politiche per vari motivi: d’indipendenza, orgoglio, autonomia o calcolo dei governanti, ogni contrada acquisì il proprio volto, ognuno la sua speciale fisionomia, le sue caratteristiche. La lingua “nazionale”, il latino, non cessò subito di esistere ma cessò di essere necessario, rimasero i vari dialetti la lingua delle persone colte man mano venne dimenticata ; per farsi intendere dalla gran massa illetterata e analfabeta bisognava esprimersi nel linguaggio dialettale o volgare, quindi i letterati, i poeti, i legislatori, i predicatori e i giudici iniziarono a scrivere e parlare volgare, prima rozzamente, poi con miglior forma e via , via, con raffinatezza e regole accettate e seguite da tutti gli scrittori. Il procedimento fu lento poiché in Italia il latino più che in altri luoghi doveva tardare a morire. Non è possibile indicare una data precisa della nascita dell’attuale lingua Italiana la più antica testimonianza del volgare risale al IX secolo; ancora confusi con elementi latini, questi versi sono conosciuti col nome di “indovinello veronese” basati sull’analogia tra l’aratura e la scrittura, sono conservati nella biblioteca capitolare veronese. Ma un documento compare alla fine del X secolo; un atto pubblico risalente al 960 scritto in un linguaggio che assomiglia molto al latino per certe forme, ma che latino non è più, è volgare. Si tratta della “carta capuana” , così nominata perché scritta in Capua, un documento notarile attestante un passaggio di proprietà fondiaria. Il volgare s’impose con stile ed eleganza tra il 1000 e il 1200 per proseguire poi nei secoli la sua trasformazione, i primi documenti di carattere letterario si fanno risalire al 1135 circa; secondo un iscrizione nel duomo di Ferrara ora perduta, il milanese Bovesin De la Riva, poeta notevole della lingua letteraria comune, intorno al 1270, ci lascia tra le altre opere un poemetto sul metodo di comportamento a tavola. È il principio del XIII secolo a darci dei linguaggi volgari ben formati, capaci di esprimere anche in forma artistica le varie contingenze della vita vissuta e i moti dell’animo di quel tempo. Intorno al 1305 Dante Alighieri veniva componendo un opera in latino “De vulgari eloquentia” dove ricerca le origini di numerose varietà di lingue parlate e propone una nuova lingua volgare preferendo il meglio di quattordici principali dialetti da lui esaminati notando che nessuno tra essi fosse comprensibile all’altro. Non dimentichiamoci che molte infrastrutture della lingua italiana non provengono solo dal latino ma anche dal greco antico, perciò ritroviamo nella lingua italiana come si parla e si scrive oggi molte parole derivate da ambedue le lingue. Ma nella fiumana di eventi che sconvolsero la storia italiana con le innumerevoli invasioni; dai Germani, gli Arabi, gli Spagnoli, i Francesi, ecc…ecc… , si ha avuto un apporto di detriti linguistici che si sono depositati nell’italiano. Certo la lingua italiana non è esclusivamente costruita su apporti stranieri ma è costituita anche da essi. Così il duecento e il trecento furono secoli di contemplazione e di assestamento sociale da qui ogni allargamento di orizzonti culturali dava la necessità di attingere a nuovi vocaboli; non v’è dubbio che negli ultimi cinquant’anni, i continui cambiamenti economico-sociali, abbiano aperto un varco nel lessico, basti pensare al gran numero di parole assimilate tramite l’influenza dei mezzi di comunicazione come i social network in  rete telematica internazionale e i relativi accessori che ne permettono la diffusione: telefoni mobili, computer e tv. Non sappiamo come la lingua italiana sarà tra un millennio, ma almeno sappiamo com’è stata e com’è oggi, con le sue innumerevoli leggi e strutture che la rendono così affascinante.

Gan 27/03/16

04 ottobre 2016

RECENSIONE A " LE COSE DELL'OROLOGIO" DI MARIO BORGHI ED. ROGAS 2016

Di seguito una mia personale recensione al romanzo "Le cose dell'orologio" Mario Borghi Rogas edizioni 2016
La creatività, l'invenzione; questa la mia prima impressione nel leggere questa surreale e grottesca storia dell'autore Mario Borghi, " le cose dell'orologio " . Chi mai avrebbe pensato che dietro un insignificante orologio, che ha solo la funzione di fornire l'orario, si nascondessero tante storie intricate come una matassa e avvincenti come un puzzle? Ecco Mario Borghi a farci entrare nelle menti e le abitudini più disparate dei vari personaggi di questo ironico racconto. Uno stile vivo di scrivere, quello di Mario, utile e chiaramente espressivo, ricco di parole comuni, modi di dire, ben disposti, come pure i paragoni e le immagini in relazione alla realtà messi in evidenza da metafore, situazioni evidentemente ironiche che messe ad una più attenta riflessione mostrano il comune sentimento della fragilità umana, da cui nasce un comportamento delle debolezze altrui che sono anche nostre. Mi esimo dal commentare la vicenda per dar modo al pubblico di scoprirlo e di scoprirsi da soli tra le righe, certo è che Mario Borghi in questo racconto ha messo il suo ingegno amalgamando temi e assurdità umane che a volte fanno sorridere, con piacere ho letto questo libro che sa di Machiavellico-Pirandelliano in un amalgama che potrebbe essere un genere nuovo nella vasta letteratura.

GIOVANNI ANDREA NEGROTTI Poeta, recensionista. 14-9-2016

12 aprile 2016

RECENSIONE Oceano stretto di KATIA DEBORA MELIS


TITOLO;  OCEANO STRETTO

GENERE; POESIA

EDITRICE; NUOVI POETI EDIZIONE 2008 MILANO

COPERTINA; DIPINTO DI EMANUELA MELIS “MANDALA”

PAGINE; 64

COSTO; 7,00 EURO

AUTORE; KATIA DEBORA MELIS.

PREFAZIONE; ANITA LAZZARO.





Un oceano stretto come pensiero concepito enorme ma racchiuso in noi, tante piccole gocce formano questo oceano a volte placido a volte tumultuoso, stretto nell’intimo pensiero poetico di Katia Debora Melis.

Definirei il lavoro di Katia, bucolico, poiché rigoroso e spoglio da orpelli artefatti; puro pensiero dolce e invitante. Osserva silenziosa, meditativa scrutando ogni minimo particolare con astuzia femminile e traccia il suo disegno onirico l’autrice.

Questo libro semplice ed essenziale nella sua veste e’ ben disposto trascinando il lettore in un mosaico, in un puzzle che però non vuole essere ricomposto perché ogni pezzo ( ogni poesia), e’ stante a se stesso, non c’e’ un’immagine da ricomporre e’ bello così con questi morbidi versi che vanno in un crescendo da qualsiasi parte si inizi a leggere, tra sogni e ricordi.

Oceano stretto e’ quel cercarsi e ritrovarsi in un grande mare e quel guardarsi attraverso uno specchio interiore fugando ogni paura e accorgersi di come a volte ci sfuggono le piccole cose umili della vita.

Per un’ approccio alla lettura poetica credo che questa opera sia molto indicata perché non appesantisce l’animo ma lo porta ad esaltazioni riflessive, ad immaginazioni di luoghi, paesaggi e persone con una facilità disarmante.

Anche i più ostentatori leggendone le prime due liriche non potrebbero fare a meno di proseguire nella lettura, e allora accomodiamoci e disponiamoci alla lettura del libro di Katia Debora Melis; OCEANO STRETTO.



GAN  Giovanni Andrea Negrotti. 19/10/2009.

11 aprile 2016

Parto di sangue di Valter Giurado Recensione di Giovanni Andrea Negrotti.


Parto di sangue

di

Valter Giurado



Recensione  di Giovanni Andrea Negrotti.



Un volumetto pratico, sobrio nella sua veste editoriale, arricchito da bellissime immagini dell’autore.



Parto di sangue edizioni LA RIFLESSIONE di Davide Zedda.

Pagine 45 , autore VALTER GIURADO, genere NOIR.



Il “VERISMO” epoca letteraria del primo novecento, non è mai scomparso, bensì si è evoluto in quelle forme oggi conosciute come “cronaca nera” o “noir”. Sono quelle opere che descrivono, come questa di Valter Giurado, una situazione drammatica di vita, scene immaginarie così vive e crude che si animano davanti ai nostri occhi mentre le leggiamo, proprio per la minuziosa descrizione nei minimi particolari.

Più che l’immaginario, in PARTO DI SANGUE, mi colpisce l’immedesimazione che l’autore utilizza per dar corpo al suo racconto, breve ma molto descrittivo.

Un uomo che s’immedesima in una donna non è cosa da poco conto, il personaggio, IRMA, che vive inizialmente l’illusione del grande amore, che presto diventerà il suo grande incubo, il suo inferno terrestre.

L’abilità di Valter Giurado, sta nel fatto che raramente,  noi uomini, riusciamo ad entrare nel mondo femminile, con le loro caratteristiche, le ansie, le paure, la forza e il coraggio, specie dove le donne sono oggetto di turpi attenzioni e violenze da parte del maschio.

Questa abilità è però concessa a chi conosce gli strumenti artistici letterari e un elevata sensibilità umana, l’immedesimazione è infatti una forma di retorica usata spesso dagli scrittori e dai poeti, a tal proposito, evinco dall’opera alcune poesie, segno tangibile che la poetica è comunque presente in ogni momento della vita, anche in quelle circostanze altamente emotive come questo racconto, che ha sfumature tenui dove si racconta con nostalgia dell’innamoramento, ricordi di gustosi cibi della gastronomia locale, di malinconici e incantevoli paesaggi di montagna.

Per tale motivo affermo che questo “ noir” è ben condito da immagini e poesia. Il linguaggio, se pur crudo nel raccontare scene strazianti, è scorrevole, pulito, in alcuni passi, forte e determinato in altri.

Questo è un racconto che dimostra la premura dell’autore di denunciare quella violenza che si consuma gratuitamente tra le mura domestiche, che si nasconde dietro una bella facciata di perbenismo e civile convivenza, ma che nasconde torbide storie di denigrazione umana, questo al secolo chiamato

 “ Stalking”. Perciò l’autore c’introduce ad una presa di coscienza, iniziando il discorso su come la nostra vita sia un percorso; nascita, invecchiamento, malattia, morte, il fatidico cerchio alla quale molte civiltà antiche hanno creduto e molte odierne credono.

L’autore ci regala anche una nozione di psicologia, di come sia un momento particolare l’evento del parto per una donna e il suo nucleo familiare, di come sia una vera rivoluzione psico-fisica nella donna, questo non per ricordare alle madri quei momenti di sofferenza, ma bensì per rendere chiara l’idea all’uomo di cosa significhi PARTORIRE.

Inizia così il racconto di una donna schiava dei suoi errori di gioventù, di una vita trascorsa tra le mura fatiscenti di una vecchia baita sui monti della Valle Varaita, negli anni ’60. Indigente al punto di commettere furtarelli per procurarsi del cibo, ma cosa più terribile, costretta alla violenza e soprusi di un marito alcoolizato ed egoista, trattata senza nessuna dignità, offesa e degradata, obbligata ad avere un figlio che non vuole, depressa, annientata, spogliata di ogni considerazione. Arriverà al punto di essere una bomba carica di odio che esploderà in una violenta deflagrazione, in un PARTO DI SANGUE, trasformandosi ella stessa, da vittima a carnefice.

Consiglio, perciò, questo racconto di facile lettura, scorrevole, intrigante, avvincente, con colpo di scena finale, ma con un messaggio di riflessione.



Giovanni Andrea Negrotti   GAN

05-06-2009

08 aprile 2016

Cavalier Cortese di GIOVANNI ANDREA NEGROTTI Menzione d'onore al premio nazionale Inchiostro e anima 2015-2016

GIOVANNI ANDREA NEGROTTI
OPERA Cavalier Cortese

Critica della Professoressa di Spagnolo,
Letteratura e Latino dott.ssa Marcela Aiello


Leggendo Cavalier Cortese, il lettore si sente trasportato attraverso lo stile del linguaggio nel Medioevo, quando i giullari diffondevano canti, che posteriormente cristallizzerebbero in uno
stile letterario chiamato L'Amore Cortese." Questo scritto in questione compie i requisiti necessari per essere incorniciato dentro questo stile, inoltre, l' autore riconosce un'ispirazione shakesperiana al momento di crearlo. Adottando come punto di vista il formato in cui questo testo è presentato, lo stesso appartiene al genere epistolare la cui tradizione è ben antica; tuttavia, è lecito chiarire in questo punto che non è intenzione di questa analisi fare esposizioni teoriche, bensì piuttosto menzionare punti teorici per giustificare le affermazioni dei versi per mezzo della lettera.
La lettera comincia con una domanda di scuse dell'io testuale: " Cavalier Cortese" La prego di scusar quest’umile uomo”... E finisce con una frase di addio: "Buon riposo! Vi auguro la cosa migliore. Il vostro servizievole Cavaliere.”
Nello sviluppo della lettera si spiegano alcuni dei tratti dell'Amore Cortese, capendo come quell' "amore" che si sente per la dama è un forte desiderio sessuale, alimentato per la sfida che suppone ottenere una donna che appartiene ad un altro uomo. Normalmente un Sig. Feudale e l'amante era un vassallo, pertanto, si tratta di un amore infedele, che non è mai sinonimico di matrimonio. Conseguentemente, questo amore non è il fine ultimo ma è un incontro passionale e sono esempi di ciò:
·         “ ... la notte ci sorprende e ci abbandoniamo nel mondo di Morfeo e sogno di stare ancora teco.”
·         “ Ho guardato i vostri lineamenti cambiare; quando i nostri corpi eran un groviglio; meraviglia, ho guardato i vostri occhi, e tra sfumature di cobalto, smeraldo e mogano sono arrivato alla vostra anima e l’ho baciata.
Oggigiorno la teoria che più riscuote forza è quella che interpreta gli incontri come platonici, benché i primi testi di questo genere fossero ambigui a questo rispetto.

Caratterizzazione dell'oggetto amato:
Sostantivi ed aggettivi:
cotanta belleza/ anima mia/ leggiadra farfalla/ lucente stella!/ mia amata/ Mia leggiadra/ Mia dolce / piccola stella/mi dama / il tesoro / sole.
Paragoni:  come un lampo/ come un fulmine nel cuore.
La distanza:
In questo comma si pretende di mostrare con esempi, che esiste un impedimento affinché gli amanti stiano insieme.
“Mia leggiadra, sono qui nel mio vuoto maniero; ho dato ordini ai suonatori di allietar il mio animo ma non ho pace.”
“Mia amata, avessi almeno le ali per giungere a voi.”
“Voglio stare tra le vostre labbra, sulla vostra pelle, voglio vivere così tra le vostre mani.” (il desiderio di stare vicino alla sua amata implica che è una condizione che non si dà, che è solo).
Fatevi baciare dal sole per sentire tutto il mio calore.” (anche lei é in un altro posto e per dare un punto di riferimento all'ardore della sua passione usa l'imperativo).
Non posso amarvi se non vi tocco, se non vi sento, se non vi gusto.”(mostra la lontananza ed insieme  è un amore infedele, cioè, che la sua intenzione non è sposarsi).

La notte é nera, ma uno strano alone fosco accompagna il sentiero che porta al bosco l’aria profuma di muschio bianco e guardo il cielo, mi chiedo come una piccola stella possa emanare tanta luce e profumo.” (in un contrappunto di luci ed ombre appare Il Bosco, che è tutto un luogo comune letterario. Queste è il posto della confusione dove ha posto la passione e la consumazione del desiderio carnale).
V‘amo piccola stella, ora sono qui e guardo il blu e non v’ é astro più bello di voi che incatenate i miei sensi e non odo suoni più armoniosi della vostra voce.” (questa affermazione deve prendersi come una galanteria del cavaliere cortese dopo avere avuto l'incontro sessuale nel bosco alla difesa delle ombre).
“ ... e mi si stringe il cuore sapervi così lontana...” (è un esempio più dell'ostacolo fisico che ostacolerebbe l'unione o visita regolare tra gli amanti).

La causa della distanza è la causa dell'addio:

"mia dama sono venuto a voi come a pioggia nel deserto, facendo ritornare la primavera dove il ghiaccio regnò, non posso lasciare ora quello che ho fatto alla rovina, i cavalieri sono uomini d' onore e combattono per i più deboli, accorrendo ad ogni sollecito.”

Si supponeva che un cavaliere cortese doveva essere un membro di un'ordine che, per domanda di suo Sig. o per obbligo morale, per esempio, per imposizione di una promessa alla sua dama, viaggiava grandi distanze, accettando o provocando sfide, risolvendo ingiustizie e proteggendo agli svantaggiati, donzelle, vedove ed orfani. Queste imprese facevano vincere al cavaliere una gran fama, parallelo al concetto di onore, popolarità e prestigio, obiettivi principali dell'epoca che equivaleva ad una vita oltre la morte.

il testo in questione è stato premiato con menzione d'onore al " PREMIO MARIANNINA COFFA" 2015-2016 indetto dall'associazione Carovana dei Sensi premio nazionale  Inchiostro e Anima e si trova nell'omonima antologia.

Recensione a " Prima che l'amore ci uccida" di Ana Maria Serna 2015


LA POESIA DI ANA MARIA SERNA
Ana Maria Serna riesce a toccare con la sua poetica tutti gli argomenti che la vita ci fa conoscere, cammina nell’impervia strada poetica, dove la sua opera muta in una maturazione di preghiera. Arcana e misteriosa, come i suoi dipinti, descrive momenti di vita tra razionale e irrazionale, tra incubo e sogno, trasportata da un vento di giustizia, dalla poetica armoniosa a quella più devastante nella violenza sulle donne la quale sente il bisogno di esserne denuncia; come rivelano alcuni testi e dipinti, ma anche facendosi portavoce in manifestazioni sociali e mostre d’arte dove il tema è rilevante. La poesia s’insinua nel racconto artistico di Ana Maria, cresce negli interstizi della mente e lei è indagatrice degli aspetti più immediati della vita quotidiana. Dove la metrica è assente vi è la metafora, questa una caratteristica che da movimento ad un andamento personale del linguaggio logico del pensiero. La poesia nasce da una consapevolezza, bisogna partire da qui per comprendere il dolore morale dando ampi margini alla speranza, infondo, le parole entrano in una dimensione che mettono in crisi la convinzione realistica, il risentimento morale contro le ingiustizie. Ciò che persuade della poesia di Ana Maria Serna è la semplicità che sa di gioventù, di fiducia priva di malizia.
Giovanni Andrea Negrotti,  poeta, scrittore.
10/02/ 2015